
Nuovo Decreto: centri migranti fuori dai centri abitati
Il Consiglio dei ministri ha deliberato ieri, 18 settembre, alcune modifiche e integrazioni al decreto-legge per il rafforzamento economico del Mezzogiorno, già esaminato nella seduta del 7 settembre scorso. Le integrazioni più significative riguardano, tra l’altro, norme relative al contrasto all’immigrazione illegale.
In particolare, si estende – come consentito dalla normativa eurounitaria – a 18 mesi (6 mesi iniziali, seguiti da proroghe trimestrali) il limite massimo di permanenza nei Centri per il rimpatrio (C.p.r.) degli stranieri non richiedenti asilo, per i quali sussistano esigenze specifiche (se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione da parte dei Paesi terzi). Il limite attuale è di 3 mesi, con una possibile proroga di 45 giorni. Inoltre, si prevede l’approvazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, di un piano per la costruzione, da parte del Genio militare, di ulteriori C.p.r., da realizzare in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili.
Il Decreto sfiora solo leggermente il dibattito apertosi a Vimercate e nella Brianza Est dopo l'uscita della notizia di un possibile accordo tra Prefettura ed Esselunga, dopo aver debitamente informato il Comune, per realizzare un hub per lo smistamente dei migranti nell'ex supermercato già riqualificato in centro covid durante l'emergenza pandemica.
Resta il fatto che viene posto, giustamente, il principio che i centri per la gestione dei migranti, da realizzare praticamente in ogni regione d'Italia, dovranno essere collocati in zone scarsamente popolate. Tra l'altro la spinta a realizzare un CPR (Centro per il rimpatrio) in ogni Regione potrebbe far venire meno la valutazione su un centro di smistamento a Vimercate. Ipotesi che ha scatenato le preoccupazioni di residenti e imprenditori e dato vita ad una raccolta firme. Anche l'Amministrazione comunale, seppur timidamente, si è detta contraria a questa soluzione, prediligendo forme di "accoglienza diffusa".